C'erano una volta due fratelli e due sorelle...
Da tempo immemorabile festeggiavano il Natale a casa della nonna,
una casa dai terrazzi folti, la nonna aggiustava le calze di lana
davanti al camino, infatti regalava loro ogni anno le stesse cose: un
paio di calzini di lana.
All’inizio nonna Isma gliene regalava uno all’anno perché i
ragazzi crescevano alla svelta, e non c’era verso indossassero gli
stessi l’anno dopo. Ma poi, quando furono cresciuti, i fratelli
ricevevano ugualmente gli stessi calzini di lana. Sempre quelli, o
così sembrava.
Perché a ben guardarli non è che fossero
proprio uguali a quelli. Per esempio, poteva essere che
sulla lana ci fosse ricamato un cucciolo di pastore abbruzzese: e
quella primavera il maggiore si prendeva un bel pastore, uno proprio
come nel disegno. E poteva darsi che sul calzino destro della sorella
maggiore ci fosse un albero di pino e due che si baciavano; e sotto
un albero di pino la maggiore avrebbe baciato il suo primo amore. E
magari la nonna davvero vedeva quello che sarebbe accaduto loro.
Oppure erano loro stessi che vedendo il disegno lo tramutavano in
realtà
Finché una vigilia di Natale la nonna li riunì a casa sua e disse che quell’anno non gli avrebbe fatto il solito regalo. Disse che stavolta ne voleva lei uno. E i nipoti si aspettavano che la nonna chiedesse una macchina per cucire, o un bollitore da tè, o una caldaia elettrica, che ormai era vecchia e accendere il camino le costava sempre più fatica.
Ma la nonna disse che voleva un uovo.
Pensarono alle strane voglie dell’età, ma la nonna scosse il
capo e disse che l’uovo che voleva non lo facevano le galline,
bensì i pini. Disse anche che da quell’uovo non nascevano pulcini
ma calzini. Non un uovo qualsiasi voleva ma l’uovo-mondo dal quale
si schiude l’accadere di ogni cosa.
I quattro si guardarono. Cosa potevano fare? Mettersi la vigilia
di Natale a cercare un albero di pino che faceva le uova? O un uovo
che figliava calzini? Così se ne andarono, un po’ incagniti per
non avere avuto il solito calzino profetico, mugugnando sulle pazzie
dell’età. Sicché quando quattro mesi dopo –ad Aprile–
seppero che la nonna era morta non ne furono poi così sorpresi. In
seguito cercarono di farsene una ragione dicendosi che in fondo era
vecchia. Ma in realtà non si davano pace di non averle esaudito
quell’ultimo desiderio.
Passarono anni, fin quando si trovarono per caso a casa del
maggiore. Subito cominciarono a promettersi di rivedersi presto.
Dicembre era vicino: perchè non a Natale? Pesava però su di loro un
penoso imbarazzo. Da quando era morta la nonna non s’erano più
visti a Natale né fatti un regalo.
Come avrebbero potuto infatti competere con i suoi doni? Allora la
minore ebbe un’idea.
Si sarebbero fatti i peggiori regali possibili: i più brutti e
inutili al mondo. Così nessuno si sarebbe sentito in difetto con i
doni di una volta. L’idea piacque, decisero anzi che per
l’occasione si sarebbero visti proprio in casa della nonna, vuota
da anni.
Ma poi, a un passo dalla vigilia, le buone intenzioni si persero.
È che a scovare un regalo davvero brutto ci voleva più
determinazione che a trovarne uno mediocre. Sicché, quando venne il
giorno, il minore non aveva ancora trovato un dono per i suoi
fratelli. Si disse che avrebbe improvvisato qualcosa in casa della
nonna. E infatti, frugando nell’armadio di lei, il più piccolo dei
fratelli trovò un uovo di legno, lo stesso che la nonna usava per
rammendare i calzini di maglia.
Il minore si era dimenticato dell’ultima
richiesta della nonna, sicché pensò di aver trovato un ottimo
‘brutto’ regalo, almeno per uno di loro. Quando gli altri si
fecero vivi il più piccolo li accolse con calore. Bevvero vino, si
raccontarono aneddoti. Dopo un po’ ridevano tutti, solo il maggiore
sembrava come spento. Gliene chiesero la ragione. Blitz, il suo cane
–disse lui– era morto quella mattina. Era lo stesso cucciolo
ricamato sui calzini della nonna. Brindarono a Blitz: ma in realtà
era alla nonna che tutti e quattro pensavano.!
Vedendo il maggiore così mogio il fratello più piccolo disse che
aveva trovato un regalo per lui. queste parole lo arrossirono tutti.
Era che "cofessarono" che nessuno di loro aveva un regalo.
Nemmeno uno brutto, niente di niente. non avevano avuto il tempo,
dissero.
Una scossa dolorosa li trapassò: e seppero con assoluta certezza
che, a meno di un miracolo, quello sarebbe stato l'ultimo Natale
assieme. Il minore, allora, pescò dalla tasco l'uovo e lo pose sopra
il tavolo. Ne risero tutti, ma poi la sorella minore disse:
l'uovo-mondo!
Ma non capivano...era quello l'uovo che cresceva dagli alberi,
l'uovo che rammendava calzini, l'ultimo dono della nonna: non a se
stessa, come gli aveva detto, ma a loro, sempre a loro.
Da quell'anno diventò tradizioni scambiarsi l'uovo di legno fra
loro, in questo modo: quello che lo riceveva l'anno prima lo dava on
dono a quello dei tre che ne aveva più bisogno, quello che era più
triste. Appena lo ricevevano, si mettevano subito al lavoro sui
calzini rotti dei suoi familiari, dei suoi figli. E chissà, con un
pò di fortuna anche i loro figli eredeteranno l'uovo mondo, l'uovo
di legno dal quale si schiude l'accadere di ogni cosa.
Almeno finchè, insieme all'uovo si tramanderanno questa
storia.
PICCOLE DONNE
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